Relazione Sepe sulla sentenza della Commissione Europea

CORTE DI GIUSTIZIA UE, SENT. 16 LUGLIO 2020, CAUSA C-658/18
di Ennio Attilio Sepe
La Corte di Giustizia Europea, in sentenza 16 luglio 2020, C-658/18, esamina la questione, sottoposta alla sua  valutazione in sede di rinvio pregiudiziale, dal Giudice di pace di Bologna, circa la possibilità di equiparare il giudice di pace ad un magistrato ordinario, ai fini del risarcimento dei danni per mancato godimento del periodo di ferie annuali pari a giorni 30.
Sulla ricevibilità della questione, pregiudizialmente, dà risposta positiva, ritenendo che il giudice di pace può essere considerato “giurisdizione nazionale”, in quanto giudice inamovibile e imparziale.
Nel merito affronta i seguenti problemi, alla stregua della normativa europea:

  1. se il giudice di pace è assimilabile ad un lavoratore subordinato;
  2. se può essere equiparato ad un lavoratore a tempo determinato;
  3. se, nell’ipotesi in cui rientri nella nozione di lavoratore a tempo determinato, la disciplina europea osti ad una normativa nazionale che non prevede il diritto per il giudice di pace di beneficiare di ferie annuali retribuite di giorni 30.

Quanto al primo problema, ricorda che, secondo una giurisprudenza costante della Corte, la caratteristica essenziale del rapporto di lavoro subordinato è data dalla circostanza che una persona fornisca , per un certo periodo di tempo, a favore di un’altra e sotto la direzione di quest’ultima, prestazioni in cambio delle quali percepisca una retribuzione. Nel caso del giudice di pace, egli rende prestazioni che non appaiono marginali ed accessorie. Afferma che il rapporto di subordinazione non è incompatibile con il requisito di indipendenza della magistratura anche onoraria, tenuto conto del suo incardinamento ordinamentale, con soggezione agli ordini del capo dell’ufficio, ai provvedimenti organizzativi del C.S.M. e agli obblighi disciplinari.
Quanto alla natura a tempo determinato del rapporto di lavoro, il rapporto che lega il giudice di pace al Ministero della Giustizia ha certamente durata determinata.
Quanto alla spettanza delle ferie, la Clausola 4 dell’Accordo Quadro allegato alla Direttiva 2003/88 vieta che i lavoratori a tempo determinato siano trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato, per il solo fatto di svolgere un’attività in forza di un contratto a tempo determinato. Il principio di non discriminazione sopporta eccezioni solo in base all’esistenza di “ragioni oggettive” e non tollera che situazioni comparabili siano trattate in maniera diversa: nella specie le situazioni sono comparabili per natura del lavoro, condizioni dei formazione e condizioni di impiego.
La Corte si chiede se tali ragioni oggettive possono essere costituite dal fatto che al giudice di pace sono riservate questioni di minore rilevanza rispetto a quelle più importanti e complesse del magistrato ordinario, tali da giustificare anche una differenza di trattamento, ma conclude che spetta al giudice nazionale valutare se tale differenza integra quelle ragioni oggettive
Pertanto spetta al giudice nazionale verificare se i parametri della normativa europea astrattamente ravvisati come applicabili al giudice di pace siano in concreto ritenuti estensibili al giudice di pace.
Alla luce dei principi richiamati dalla Corte di Giustizia per il possibile riconoscimento da parte del giudice nazionale del diritto alle ferie annuali retribuite per 30 giorni al giudice di pace, si può valutare la promozione di un’azione giudiziaria per sollevare questione pregiudiziale avanti la Corte di Giustizia per il riconoscimento a favore dei giudici tributari di un trattamento economico adeguato all’importanza della funzione giudiziaria da essi esercitata e di una copertura previdenziale.
Punti di forza di una tale azione, estranei ai giudici di pace, sono la natura dell’incarico a tempo indeterminato, fino al raggiungimento dei 75 anni di età, e la competenza giurisdizionale esclusiva in materia tributaria, che comporta la trattazione di cause anche molto complesse, per cui non vi sarebbe sotto tale aspetto una differenza qualitativa rispetto alle cause civili, spesse volte di maggiore semplicità rispetto a quelle tributarie.